Manifesto ufficiale della biennale “Festa de’Borg” (XX edizione, settembre 2016).
Disegno a matita, colorazione a pastelli e digitale.
Il concept
Che il borgo San Giuliano, nel suo piccolo, sia noto per le sue “imprese eccezionali” è cosa ormai consolidata. La Festa de’Borg ne è l’esempio più evidente: non solo sopravvive ancora nonostante i cambiamenti, la crisi, le persone diverse con diverse esigenze, sorretta principalmente dal prezioso volontariato della comunità, ma è anche portatrice sana di un piccolo miracolo che si compie concentrato in 48 ore e che vede meccanismi organizzativi anche complessi attivarsi, persone anche sconosciute tra loro parlarsi e stringere legami, empatia e vivacità esplodere in una bellissima atmosfera di festa, appunto, e condivisione.
Certo, il borgo non è sempre un’isola felice e l’idea di regalare alla città, per la festa 2016, il “giorno perfetto” non nasce dall’ambizione di mettersi in cattedra. Mi piace pensare più a una specie di piccola grande missione che ci chiama tutti a partecipare dando il meglio possibile, portando qualcosa di cui essere fieri. E allora, quando mi è stato chiesto di disegnare il manifesto della XX Festa de’Borg, ho pensato che questa ambizione era degna di una notizia da “prima pagina” e che, per portarvi tutti dentro a quella realtà che mi è così familiare da sempre, da illustratrice la cosa più naturale fosse quella di raccontarvi una storia dove la Perfezione, proprio come le gemme più elaborate, non ha una faccia sola ma brilla di più grazie alle sue molteplici sfaccettature.
Marianna Balducci, disegnatrice e da più di 10 anni membro della Società de’Borg.
La favola
Ignorando tutti quelli che da sempre andavano predicando che la Perfezione è qualcosa di irraggiungibile e fuori dalla portata dei comuni mortali, i borghigiani si erano ancora una volta intestarditi e rimboccati le maniche con l’ambizione di costruire il giorno perfetto.
L’impresa, nata quasi per scherzo al circolo, dopo aver bevuto magari anche qualche birra di troppo, aveva iniziato a solleticare la creatività degli avventori un po’ più sfacciati e dei giovani più entusiasti. “Scusate, se in passato siamo riusciti a fermare persino la distruzione del borgo, figuriamoci se non riusciamo a costruire qualcosa che, almeno per un giorno, somigli alla Perfezione!”. L’idea aveva così iniziato a circolare: un po’ di passaparola, qualche battuta… non tutti ancora la prendevano seriamente, chi vuoi che si metta a star dietro al giorno perfetto con tutto quello a cui uno deve pensare di questi tempi? “Na, na,… tot cl’ robi…” diceva la Seride, poco convinta, mentre spazzava via la polvere dalla soglia di casa con un certo nervosismo, quasi volesse scacciare assieme al resto anche queste strampalate idee rivoluzionarie.
C’era chi, invece, dopo qualche giorno, iniziava già a farci sopra dei ragionamenti filosofici, pindarici voli un po’ sconnessi sul senso della vita e il significato della felicità…
“Ma no, ma no! La Perfezione è un’altra cosa! E poi deve durare un giorno solo, come una magia”.
“Allora bisognerà chiedere al parroco di darci una mano a definire i confini di questo giorno perfetto, magari con le campane”.
“Alle campane ci pensiamo dopo, intanto dobbiamo assicurarci che tutta la città lo sappia, ma solo quando saremo pronti”.
Insomma, il borgo brulicava sempre di più di misteriose conversazioni che agli occhi degli altri riminesi avevano tutta l’aria di essere le prime avvisaglie di un complotto: cosa stava succedendo a San Giuliano? Il borgo meditava un ammutinamento dalla città? Si stava diffondendo un’altra epidemia di “tifo petecchiale”? Mistero.
Eppure i borghigiani ormai erano davvero all’opera, avevano proprio deciso: avrebbero dato vita alla giornata perfetta. Sarebbero partiti con un gruppo magari ristretto ma motivato ed erano sicuri che presto tutta la comunità avrebbe risposto e avrebbe dato una mano. Che tipi questi del borgo San Giuliano: si mettevano in testa una cosa e finivano per farla veramente! E non importava se qualcuno li guardava storto, mica era la prima volta… e poi, negli anni, avevano iniziato pure a suscitare simpatia. Non sempre i progetti andavano proprio a buon fine e capitava che si accendessero anche gran discussioni, come quella volta che, incoraggiati dalla presenza del pavone al Ponte di Tiberio, si erano messi in testa di costruire un resort per volatili e avevano iniziato a mappare gli alberi e i tetti più adatti per accogliere nidi singoli, suite sempreverdi di lusso, voliere bed&breakfast. Il progetto era finito in niente perché non si riusciva a decidere come raccogliere le prenotazioni e, nel frattempo, il pavone sparì e nessuno ci pensò più.
“Dovremmo trovare il modo di progettarlo bene, questo giorno perfetto…”
“Sì, alla Perfezione non si arriva subito così, quando si vuole. Bisogna avere pazienza e agire con un po’ di amore, come si fa con le piantine”. Era stata Luisa a parlare, per lei la Perfezione era quell’equilibrio un po’ magico che sta dietro al ciclo della natura, qualcosa che non siamo noi a generare, ma di cui possiamo solo prenderci cura. Luisa abitava in una casina gialla con un piccolo cortile, vicino a Tommaso e Teresa, due fratellini che, come molti bambini del borgo, sentivano solo stralci dei discorsi dei grandi su questo nuovo ambizioso progetto ma già era bastato per iniziare a fantasticare sulla loro giornata perfetta e su come l’avrebbero voluta. “Io, durante il giorno perfetto, vorrei essere una principessa e mangiare la piadina col salame a tutte le ore… ma non lo dire a nessuno” diceva Teresa all’orecchio del fratello mentre stavano affacciati alla finestra in attesa che i preparativi cominciassero.
Dopo i primi tentativi più sommessi e sporadici, ormai i borghigiani iniziavano a mostrare una certa organizzazione. Chi la prendeva come un’occasione per mostrare i suoi talenti, chi come un modo per liberarsi almeno per 24 ore da tutte le incombenze quotidiane, chi semplicemente vedendo gente muoversi da una parte all’altra del borgo non era capace di stare con le mani in mano: questo giorno perfetto iniziava a condirsi di cose e poco importava se non tutti lo interpretavano allo stesso modo, nessuno aveva l’ambizione che la Perfezione avesse una faccia sola.
“Chi ha lasciato qui questa macchia? Va là, che poi quando vengono i giornalisti a farci la fotografia, facciamo la figura dei soliti smanati. Adesso ci penso io…”. Maria aveva un occhio speciale per i dettagli: ogni volta che si organizzava qualcosa nel borgo, lei faceva un giro di ricognizione (a volte anche se nessuno glielo aveva chiesto) e si segnava tutto quello che secondo lei non era a posto e, ammettiamolo, aveva ormai un occhio infallibile. Per qualcuno sarà stata anche una donna un po’ prepotente, ma bisognava riconoscere che, alla vigilia del giorno perfetto, era lì pronta con lo strofinaccio in mano a ripulire anche la più piccola sbavatura.
“Basta con quel telefono, a farsi selfie dalla mattina alla sera… cun cla faza come e’ cul!”
“Dì, non dicevi così quando mi hai sposata! E poi la metto su Facebook così iniziamo a far venire la curiosità a tutti. Ci siamo quasi, no?”
Eh già. Era quasi tutto pronto.
“Sicuro che non abbiamo fatto errori? Sandro, dammi una mano che controllo…”. Sandro aveva preso in spalla Tonino che voleva essere certo di non aver lasciato al caso nemmeno una virgola di quel giorno perfetto e intanto gli diceva: “Tonino, ma se poi uno sbaglia le virgole è proprio grave? Io non so nemmeno scrivere bene in corsivo…”
“Certo che è grave! Gravissimo! Gravissimissimo! Ti insegno io dopo, tu adesso tirami su che manca poco”.
Insomma, ognuno continuava ad avere la sua idea di questa così ben congegnata Perfezione, tanto che non era mica detto che l’indomani (il gran giorno!) tutto sarebbe filato liscio. Con tutte queste voci nel coro la faccenda poteva anche finire in un enorme pastrocchio, ma alla fine anche il pastrocchio inizia per “P” proprio come la Perfezione… e poi nessuno aveva l’ambizione che la Perfezione avesse una voce sola.
Quella notte nessuno riusciva a dormire e si sentiva nell’aria il forte odore di colla che esalava dai secchi di Amleto, l’attacchino; viveva nel borgo anche lui e stava dando una mano per sistemare in giro gli ultimi allestimenti, aiutato dalla figlioletta Anita che a quell’ora doveva essere a letto ma era così in fibrillazione che non c’era stata altra soluzione che portarla a prendere un po’ d’aria. Finito il lavoro, Anita finalmente aveva iniziato a sbadigliare e Amleto poteva riportarla a casa a dormire serena come stava facendo il resto della città ancora ignara di quel che stava per cominciare.
Il giorno successivo in tutti i bar, dal Ponte di Tiberio all’Arco d’Augusto, Rimini apriva il giornale e leggeva in prima pagina l’annuncio: PERFECT DAY, la giornata perfetta!
Il titolo era inequivocabile: c’era la data di oggi, c’erano le indicazioni per il borgo San Giuliano, c’era la promessa di una giornata che sarebbe stata un regalo per tutti.
“Benvenuti!” diceva Sandro ai primi che, incuriositi, avevano iniziato ad addentrarsi per le vie del borgo dove tutto sembrava luccicare di una luce nuova. Come un’allegra musica, a fare da sottofondo, si sentivano le risate di Seride, di Tonino, di Maria, di Teresa,… ancora tutti in strada, ognuno ancora preso a curare il suo piccolo pezzo di Perfezione che non sembrava mai abbastanza perfetto per essere finito, ridendo come i matti perché avevano voluto la bicicletta e ora toccava a tutti pedalare!
“Achille! Occhio a quell’insegna che è tutta storta!” gridava qualcuno da sotto la scala, guardando pendere un po’ quel “giorno perfetto”. Ma Achille era distratto e aveva lasciato penzolare l’insegna senza troppi rimorsi: i suoi occhi si erano persi e il suo cuore batteva forte perché per lui sì che la Perfezione aveva una faccia e una voce sola ed erano quelle di Carolina che si affacciava dalla finestra difronte per offrirgli il caffè.
Marianna Balducci